Le relazioni che promuovono benessere
Il tema che vorrei trattare in questi pochi minuti è il rapporto fondamentale che promuove benessere e quindi salute.
Quel rapporto che per ovvi motivi è all’origine di ogni relazione. Mi riferisco chiaramente alla relazione tra genitori e figli.
Argomento trattato e costantemente argomentato da molti: psicologi, insegnanti, educatori, lo si trova nelle trasmissioni televisive e radiofoniche.
A questo punto sappiamo ormai tutti di cosa si tratta. Cioè di individuare ciò di cui hanno bisogno i nostri figli per crescere in armonia. Bene o male siamo tutti informati sui bisogni dei bambini, degli adolescenti, dei giovani. Ma possiamo dirci così certi di sapere come rispondere a questo bisogno? Sappiamo di quali strumenti sarebbe opportuno disporre per rispondere alle richieste di ragazzi e ragazze? Quali sono le risorse di un genitore che talvolta non sa di avere?
Ragazzi annoiati, apatici, delusi, sconfortati, spaventati, arrabbiati, disinteressati…
facile dare giudizi sommari, meno facile comprendere cosa nascondono dietro a queste immagini che danno di sé. Nonostante siano anche reali questi sintomi, possono anche essere un modo per chiedere aiuto, per far sì che qualcuno si accorga di loro. Magari solo un modo di chiedere aiuto per essere guidati a capire o per essere capiti, dalle persone che li circondano.
È allora, che la comunicazione non sempre esplicita dei ragazzi, deve indurci a riflettere su quale siano i bisogni sottostanti le apparenze.
Intendiamoci, questi agiti apparenti possono essere talvolta anche molto aggressivi, violenti e dirompenti, tanto che se un genitore o un insegnante si fermassero a osservare solo quello che si vede (il sintomo), potrebbero realmente credere di trovarsi di fronte a un delinquente o a uno squilibrato. Ma se ci concediamo il tempo per osservare e se concediamo loro del tempo per esprimere le loro idee, belle o brutte che siano, condivisibili o meno, ma pur sempre idee (meglio averne che non averne affatto), allora avremmo svolto il nostro compito di educatori, adulti, genitori ecc.
Ora veniamo agli strumenti di cui accennavo prima.
Non so se avete mai fatto caso che man mano che i figli crescono, cioè passano dalle elementari alle medie e poi alle superiori, viene meno il contatto fisico con i genitori, con mamma e papà. Segno del tempo che corre, che spesso sfugge di mano. E mentre sfugge di mano, non ci si accorge che si inizia a pensare e ad agire, secondo uno schema predeterminato secondo cui, la sola cosa che conti sia il funzionamento, l’emancipazione, l’autonomia, la prestazione e il controllo, senza renderci conto che queste dinamiche stanno poco a poco sostituendo e interferendo, con la capacità e l’opportunità di vivere la vita tenendo conto delle emozioni e dei sentimenti.
Quindi quando un ragazzo e una ragazza si sentono pressati da quest’ansia per la prestazione che il contesto chiede loro, quando tornano a casa e si trovano un genitore che a sua volta vive la stessa ansia da prestazione e viene naturale agire il timore che il proprio figlio non ce la faccia, quale potrebbe essere la reazione dei figli? (la collaborazione o la fuga?).
E quale potrebbe essere invece il gesto che più sarebbe in grado di ristabilire un po’ di quella dimensione di tranquillità e serenità?
La risorsa più efficace che un genitore ha, che possiede da sempre, è la capacità di poter accogliere il proprio figlio tra le braccia, ripristinando quel gesto iniziale che lo ha accompagnato nella nascita, garantendone la sopravvivenza. Ora man mano che si cresce questo gesto non ha più la valenza della sopravvivenza, ma di mantenere la qualità della vita. Per questo è sempre alla portata di tutti. È il gesto che non mente, non inganna, che non può essere travisato. È il gesto che apre le porte invece di chiuderle, che apre alla comunicazione, all’abbassamento delle difese e accompagna all’accettazione di sé e dell’altro.
In un mondo dove tutto e tutti hanno la tendenza ad esercitare un controllo sull’altro (la scuola con i voti e la prestazione, il lavoro per gli adulti, regole su regole in ogni ambito della quotidianità), i genitori si sentono obbligati ad operare questo controllo anche a casa, proprio nell’ambiente dove invece dovrebbe funzionare la regola opposta (che non la deregulation), cioè l’accoglienza del sé e del sentire con i sentimenti, prima che l’imposizione della regola. Il ripristino dello stato ansioso e degli agiti ansiogeni diventa una continuità con quello che ragazzi e adulti hanno vissuto fuori casa. Per poterlo arginare poi, tutti cerchiamo di mettere in atto lo stesso schema di controllo che in apparenza ci rassicura. Lo stress causato diventa a lungo andare insopportabile e i ragazzi sono costretti ad agire atteggiamenti e comportamenti potenzialmente disturbanti o devianti, per tentare a loro volta, di controllare questo stato emotivo interiore, illudendosi di poterlo tenere a bada.
Essere adulto di riferimento al giorno d’oggi comporta una responsabilità maggiore di quella che avevano i nostri padri e le nostre madri cinquant’anni fa. Mentre allora c’era molta ignoranza riguardo gli aspetti della crescita dei figli, ora non si può più fingere di non sapere che quello di cui necessitano i bambini è di essere ascoltati, compresi, accolti. In una parola, amati per quello che sono. Imparare che di fronte ad uno sbaglio non verranno giudicati negativamente, ma potranno ugualmente proseguire il loro percorso di crescita, li aiuta a non considerare il fallimento come una questione insormontabile e irreparabile, ma semplicemente come un passaggio necessario della vita.
15 marzo 2024
Dott. Massimo Frigo
psicologo dell’età evolutiva